Il primo vero giorno
ore 08.45. Sono sveglia da due ore, mentre la maggior parte di voi è nel mondo dei sogni. Non ho dormito benissimo, in casa fa un freddo cane e non c’è il riscaldamento. Per fortuna fuori fa caldo! Tra poco, dovrebbe venirmi a prendere il comitato d’accoglienza e poi dovrei iniziare subito il mio primo giorno di scuola! Pauraaaa!!!! Oggi pomeriggio, potrò andare in orfanotrofio però..che bello!
Nel libro che mi ha regalato maman, c’è scritto che in Vietnam la vita comincia alle sei di mattina. Verissimo. Puntuale, tutta Hanoi, compresa la sua popolazione di motorni e animali, si è riversata tra urla e schiamazzi, nella via di casa mia. O almeno così mi è sembrato, mentre riemmergevo lentamente dal mio sacco a pelo. Sono in casa con due ragazzi della mia età, uno neozelandese e l’altro tedesco, più un uomo sulla 40ina, inglese. Nessuno però viene nella mia scuola. Qui è diverso da Geumsan, l’ho capito subito. Mentre là, con i miei compagni ho condiviso tutto, dalla stanza per dormire, al bagno, all’umidità estiva, alle poche ore di sonno, qui, il rapporto che è avrò con gli altri volontari, sarà proprio quello che si instaura normalmente fra colleghi: ognuno fa la sua vita e poi ci si ritrova la sera e nei week-end per fare qualcosa insieme. Ma va bene così no?? P.s: un uomo si è appena liberato i polmoni, sul muro di casa…
23.55 the orphanage and getting drunk in Ha noi.
Sono appena tornata a casa,dio che figata di giornata!! No, non è stato il mio primo giorno di scuola, alla fine. L’organizzatrice mi ha detto che inizierò lunedì, e probabilmente sarò l’insegnante titolare e avrò una traduttrice che mi aiuterà per la lingua. Per adesso conosco solo tre parole: wuaa, che vuol dire fiore e non so se si scriva così, xin chao, che vuol dire ciao, kam on, che vuol dire grazie e xin loi o qualcosa del genere che vuol dire scusa. Si sono quattro le parole, non tre.
Comunque: questa mattina Sally, l’organizzatrice, mi ha fatto fare un giro dell’Headquarter di Projects Abroad, dove ho dovuto svolgere un sacco di noiosissime pratiche burocratiche e passare un test sulla comprensione della cultura vietnamita. Mica si scherza qui! Poi mi ha portato nel quartiere vecchio dove ho potuto cambiare i soldi, 200.000 soldi vietnamiti che sono approssimativamente 12 o 15 euro e che mi basteranno per tutta la settimana, dice. La tappa seguente è stata la via dei telefonini, dove ho potuto caricare il mio cellulare vietnamita. Si ho un numero vietnamita adesso! Che strano.. Ad Hanoi, le vie sono divise secondo la merce che i negozi vendono, un po’ come i comuni medievali: c’è la via della tecnologia, la via delle scarpe, la via dei vestiti etc.
Per pranzo, Sally ed io siamo andate a mangiare in un ristorante in cui lei conosce tutti e tutti conoscono lei e fanno a gara a chi parla meglio l’inglese. Ho sbaghinato di brutto: riso fritto con uova, pollo e manzo e favolosi, favolosissimi nem vietnamiti. Deooooo che buoni!!!
Piena come un uovo, mi sono lasciata trasportare dalla mia guida, alla ricerca di un taxi, direzione orfanotrofio di Bo De Chua. Ora, ho già citato il traffico di Hanoi, ma camminarci dentro è un’esperienza da brividi. è incredibile, davvero, non si può capire se non lo si prova. Non esistono regole, non c’è un codice della strada: le strisce pedonali sono state dipinte solo per bellezza e il senso di marcia non è ben chiaro. Lo si capisce benissimo quando ti vedi arrivare una decina di motorini sparati contro di te e ti ti prepari per l’impatto frontale e ringrazi Dio, anche se non ci credi, quando loro, all’ultimo, svoltano a destra e a sinistra suonando i clacson all’impazzata. Ma la cosa più assurda è attraversare un incrocio a piedi: raccapricciante. Quando ti trovi lì, l’istinto di sopravvivenza ti urla di correre a più non posso e di toglierti da quell’inferno. Invece devi fare tutto il contrario: devi camminare lento e guardare negli occhi i guidatori, così che capiscano che tu vuoi passare.
Sono al mio quarto incrocio e posso dire di aver capito il metodo. :-s
Ma veniamo all’orfanotrofio. Non è come me l’aspettavo, tipo ospedale di Patch Adams. No, affatto. è un insieme di edifici fatiscenti, con un cortile sporco e seminato di tronchi d’albero, letti rotti e letti nei quali dormono degli anziani sepolti dalle coperte. Sally mi ha portato nella stanza dell’asilo: cinque o sei bambini stavano giocando con i volontari e sembrava si divertissero un mondo. Poi però mi ha portato nella stanza dove dormono i bambini affetti da handicap fisici o mentali. Letti scassati sui quali dormivano, appiccicati l’uno all’altro, una decina di bambini.
Sentendo le nostre voci, hanno cominciato a svegliarsi piano piano. Una nanny vietnamita ha preso una bambina in braccio, l’ha portata verso di me e mi ha chiesto di infilarle il cappuccio. L’ho fatto ovviamente, sentendo già il mio cuore di futura mamma italiana, stringersi da fare male. Poi mi ha chiesto di tirarle giù una delle calze e ho fatto anche quello. Ma quando l’ho tolta del tutto, la nanny prende la gamba della bambina e me la sventola sotto al naso, mostrandomi un moncherino di piede mai formato. Terribile. Dico davvero.
Ma devo far finta di nulla, non posso mostrare sentimenti di questo genere.
Ho conosciuto la maggior parte degli altri volontari: Louis un ragazzo francese di origini vietnamite, Cody, australiano, Mathilde, Christine e Tanjia, rispettivamente da danimarca e da non so dove. Ci siamo messe d’accordo per uscire insieme la sera. Great!
Appuntamento alle 18.30. Purtroppo il taxi sul quale viaggiavo insieme ad altre due donne, ha avuto un incidente da fermo con un’altra macchina che gli ha piegato un fianco e questa è stata la nostra fine: il tassista si è fermato per mezz’ora sbraitando contro la donna alla guida dell’altra macchina. La cosa è continuata per un bel po’, perchè lui voleva a tutti i costi fargliela pagare, facendo la stessa cosa. Gesù. Così sono arrivata a casa, dove c’era Josh. Anche lui sarebbe uscito con noi. Eravamo in ritardo però. Josh è qui da tre mesi già, quindi sa quasi tutto di Hanoi. Si mette d’accordo con Cody di vedersi in una delle vie dei bar alle 21.00. Un altro ragazzo, Martin, danese, si aggiunge. Il casino in centro è allucinante. Hanoi brulica di vita. è semplicemente fantastico. Tutti mangiano fuori, con barbecue e cucine improvvisate. Ci sono anche un sacco di turisti. Il primo bar è un bar vietnamita che spara a tutto volume musica occidentale. Whatever. Ho dimenticato di dire che sono l’unica donna in mezzo a 5 uomini. Maaazzzzzzi!! Meglio così. Sciogliersi è facile e io Josh e Martin facciamo subito comunella. Con Martin parlo di qualsiasi cosa, dalla storia alla politica(si ha citato Berlusconi, lasciamo perdere)al cibo, ai vecchi amori.
Il secondo bar è un Irish pub che, udite udite, dà i flogging molly!!!!! bellesssemo, Dopo una birra e un long island non ce la facevo più.
Comunque anche gli altri erano cotti duri, anche se Louis voleva andare in discoteca. Alla fine Paul, Josh, Martin ed io siamo tornati a casa.
Domani sarà una giornata da turista :-)