Origami dai bambini e lezioni di vita
Questa mattina ho avuto lezione con i bambini di quarta: è stato molto più bello e gratificante perchè hanno quasi tutti un buon livello di francese e hanno iniziato a tempestarmi di domande del tipo: come ti chiami? Dove abiti? il tuo indirizzo? sei sposata? hai paura dei topi? quanti soldi hai in banca? Ma il premio per la domanda più strana l’ha vinta un ragazzino che era rimasto zitto fino al momento in cui ha alzato la mano e io gli ho fatto un cenno di assenso: con un’espressione seria in viso, mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha chiesto: ” ti piace Hitler?” Giuro, non sto scherzando!
Per loro avevo preparato un dettato ed un esercizio su un dialogo da fare a coppie. è stato bellissimo perchè potevo avvertire la loro smania di fare bene e bella figura davanti alla maestra venuta da lontano; potevo avvertire la loro soddisfazione quando mi complimentavo per la buona pronuncia. Alla fine della lezione, delle bambine mi hanno regalato degli origami in segno di ringraziamento, alcuni sono fra i più piccoli che abbia mai visto. Alcuni sono della lunghezza di una falange! Un altro ragazzino invece mi ha regalato un disegno del tizio coreano che canta gagnam style.. qui vanno matti per quello scemo!
Il pomeriggio invece è stato molto più intenso: insieme a Kristine, la ragazza con la quale divido la camera, sono andata all’orfanotrofio. Questa volta, mi hanno portato nella camera dove stanno i più piccoli. Alcuni di loro hanno poche settimane di vita, due o tre invece sono affetti da HIV. è una cosa talmente triste. La mattina sono in mezzo a bambini che hanno tutti gli agi e i comfort di una vita vera, sono amati dalla famiglia, hanno degli amici. E quando insegno loro mi sento la persona più utile del mondo. Poi arrivo qui, in questo edificio a soli 20 minuti dalla scuola, dove le stanze sono sporche, i bambini hanno graffi e piaghe da freddo e vestono strati di panni più grandi di due taglie. E non posso fare nulla. Solo cullarne uno o due e dar loro da mangiare. Appena sono entrata, uno di loro, avrà avuto 4 o 5 mesi, si è messo a piangere. Allora la nanny mi ha fatto cenno di prenderlo. L’ho preso in braccio e l’ho appoggiato contro di me. Gli ho dato da mangiare ma lui ha ripreso a piangere. Allora ho iniziato a cantargli delle canzoncine che i miei genitori e i miei nonni mi cantavano da piccolina, ma non smetteva. Fino a che ho iniziato a cantare “Somewhere over the Rainbow”. Lui ha smesso. E poi è successa una cosa:ha girato la testolina, ha fissato i suoi bellissimi occhi a mandorla dentro ai miei e mi ha preso il mignolo con la mano. Siamo rimasti così, io e lui, a stringerci e a guardarci negli occhi e a cantare “somewhere over the rainbow”. Poi si è addormentato ed io l’ho messo giù. Ma lui si è svegliato ed io l’ho ripreso, incapace di lasciarlo lì da solo, a piangere, in mezzo ad altri bambini urlanti. Qualcosa mi ha stretto il cuore, fortissimo, come una tenaglia. “Ci sono qua io” gli ho sussurato. E lui si è riaddormentato.