l’ultima settimana. terzo, quarto equinto giorno.

È martedi mattina, sono le 10, quasi, e sono seduta ad un tavolino di Paris Baguette, sorseggiando the, invece del mio solito Mocha latte. Questo repentino cambiamento è dovuto al fatto che domenica notte sono stata cosi male come non mi succedeva da tempo; vi risparmio i particolari su quali malattie io abbia sofferto, ma diciamo che non è stato altro che uno sfogo psicologico: domenica, infatti è stata una giornata un po’ particolare, che ha segnato in modo piuttosto indelebile, questo ritorno. Vediamo di raccontarla al meglio: la mattina mi sono svegliata abbastanza tardi, dato che sabato sera me l ero spassata bellamente insieme a Mi, Ngan e qualche amico, fra cui il G-dragon vienamita ( G-dragon è un cantante coreano, fra i miei preferiti), al The Bank, un locale favoloso in Hai BA Trung street. Siccome Mi,si è ubriacata abbastanza da farsi venire a prendere da AD, mi ha lasciato il motorino ed io ne ho approfittato per portare mia zia in giro per la città: il west lake, Xa Dan street, kim Mã, đoi can, la mia vecchia casa nella quale ho vissuto da volontaria e persino il Cung, alias lo studyhalley. Questa ultima tappa in particolare, mi ha fatto tremare un po’ le gambe. Infine l’ ho portata alle Vincom Tower, in BA trieu street, dove abbiamo pranzato al Saint Honoré, il ristorante francese dove mi portava sempre il businessman inglese.
Verso le tre, ho lasciato mia zia in appartamento e sono corsa da Mi. Siamo rimaste un’oretta a fare le nostre solite cavolate e poi sono dovuta correre al Royal city dove avrei douto incontrare il mio studente, quello ricco, di dieci anni e la sua mamma. Per un mese mi ha tormentato chiedendomi di vederci perchè gli mancavo e sinceramente anche io avevo voglia di rivederlo! Ma quando sono arrivata al Royal City, scambiati i saluti di ricorrenza con sua mamma e scattato un po’ di foto, lei se ne è andata e mi ha lasciato da sola con suo figlio. Cioè, non so se mi spiego… tipo apputamento. E il ragazzino era nervoso come ci si aspetta di essere ad un primo appuntamento. Ma che cacchio?! Non sapevo cosa fare.. cosi gli ho hiesto cosa volesse fare lui: cosa si fa di pomeriggio con un bambino di dieci anni? Cinema? Gelato? No, lui voleva andare alla sala giochi. Cosi ci siamo andati. Ho pagato io eh.. e a dirla tutta mi sono divertita un casino! Abbiamo giocato a quei videogames tipo street fighter, siamo stati sulle autoscontro… poi gli è venuta fame ed è voluto andare al Lotteria, il fast food coreano: abbiamo ordinato pollo fritto e patatine e.., ha pagato lui.
Come è finita? Lui se ne è andato su un taxi ed io sono tornata da Mi.
Mi dispiace, ma per noi, non c è futuro.
Potete immaginare la faccia e le risate di Mi quando le ho raccontato tutto: in dieci minuti sono diventata lo zimbello della famiglia! -.-”tutte a me capitano, non c’è nulla da fare.

Poi è arrivato AD. E credo che i miei dolori di stomaco siano iniziati in quel momento: stavamo parlando della possibilità per Mi di venire in Italia a fare un summer course di Fashion Design che potrebbe aiutarla molissimo neella sua carriera, quando lui ha comiciato a dirle che è impossibile, che costa troppo, che non c è futuro, che dovrebbero sposarsi invece…
Per la prima volta da quando lo conosco, gli ho tenuto testa: ho risposto e rovesciato tutte le sue tesi e le sue opinioni, ma vedevo che avevano avuto comunque effetto sull’umore di Mi.
In quel momento l’ho proprio detestato. Di un odio profondo. Credo sia stato il fatto che mi abbia proprio buttato in faccia tutte le cose che odio di questo paese: la pigrizia, la mancanza di fiducia nelle cose e nelle persone, i tradimenti cosi facili, l’ambiguità, il rapporto scorretto tra uomo e donna. Tutte cose che ho vissuto. Tutte cose che mi hanno ferito nel profondo. Tutte cose sulle quali devo lavorare.
E come ciliegina sulla torta, proprio mentre stavo andando via, è arrivato Tung: ogni volta che siamo nella stessa stanza, un imbarazzo gelido si instaura fra noi e riempie l’aria e tutti gli angoli. E ogni persona presente lo avverte.

Lunedì, l ho passato a letto. A pensare e a dormire.
Sono convinta che il mio tempo ad Hanoi, sia davvero scaduto. Ho vissuto questi dieci mesi al pieno delle mie possibilită, con tutta me stessa. Ho preso e dato, tutto quello che potevo prendere e dare.
Riguardo ad Anh, so che molti fra voi saranno delusi o si arrabbieranno per la mia scelta. Ma sappiate che non la sto abbandonando. Non è un addio il nostro. Ho avuto modo di osservarla in questi giorni: è un po’ triste dirlo, ma si è abituata alla sua condizione. Ed è forte. Lo vedo. Può farcela. Può aspettarmi.

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