10.10.1954-10.10.2014. Em yeu Hanoi
In occasione del 60esimo anniversario della liberazione del Vietnam dal colonialismo francese, voglio dedicare questo articolo a questo paese che ho imparato ad amare, ma soprattutto ad Hanoi, la sua capitale, la città che più amo al mondo.
Hanoi è la città dove tutto può succedere: metti piede per la prima volta sulle sue strade trafficate, punti il naso in alto, sul suo cielo troppo spesso grigio, osservi le facce delle persone che ti passano accanto e ti scrutano curiose: le vedi parlocchiare con la mano davanti alla bocca, scatarrare sui marciapiedi, chiamarsi a gran voce l’uno con l’altro… e ti servono tre secondi per capire se puoi amarla o odiarla.
Due dei miei tre secondi, mi sono serviti per capire che, in questa città, la mia vita sarebbe cambiata, ma che l’avrei amata per sempre. L’ultimo secondo, mi ha lasciato intendere che, in qualche modo, l’avrei anche odiata, che mi avrebbe fatto sputare sangue e dolore.
Ed è proprio stato così: ma è grazie a quei primi tre secondi e ai 12 mesi seguenti, che sono diventata quella che sono oggi. La ragazza che cammina con aria sicura per le strade di Nanh Dinh, che incontra gli amici al caffè, che organizza incontri di lavoro, che veglia sulla sua bimba. Ad Hanoi.
Hanoi, è la città nella quale si possono mangiare superbi piatti tradizionali, per due soldi, seduti su uno sgabello minuscolo, in uno street restaurant. Ma è anche la città nella quale, se hai voglia di un hamburger con vera carne irlandese, puoi mangiarlo in uno dei ristoranti sparpagliati nelle maggiori strade commerciali.
Hanoi è la città in cui grattacieli sontuosi si affiancano a bettole sporche e shopping mall all’occidentale, fanno concorrenza ai minuscoli negozietti locali, ma senza che l’uno soccombia all’altro.
Ad Hanoi, l’estate è così insopportabile da farti desiderare di stare in una buca sottoterra, ma poi ottobre ti sorprende con una dolcezza incredibile: notti chiare, un venticello che soffia leggero sulla tua pelle e ti scompiglia i capelli mentre guidi verso casa, senza casco.
Hanoi è la capitale di un paese che ha vinto talmente tante guerre e battaglie, che ogni mese, il suo centro storico, le viuzze del quartiere vecchio e gli autobus, si adornano di festoni e dei colori nazionali per commemorare l’anniversario di qualche vittoria.
Hanoi è la città nella quale si fa meglio a non avere regole quando si guida e in cui le persone non sanno guidare la macchina ma possono trasportare di tutto sui loro motorini: da maiali enormi a travi di tre metri e mezzo di lunghezza.
Ad Hanoi, i vietnamiti ricchi vivono a Ciputra o Lang Ha street, gli europei e gli occidentali a Tay Ho, gli africani a Thanh Xuan e i coreani a Trung Hoa, ma si riuniscono tutti insieme nei weekend per ballare all’Hair of the Dogs o al The Bank e svegliarsi l’uno accanto all’altro, la domenica a mezzogiorno.
Hanoi è la città nella quale di mattina fai la comparsa per uno spot pubblicitario, a pranzo vai ad un meeting di lavoro e il pomeriggio sei in un orfanotrofio.
Hanoi è una donna al nono mese di gravidanza che guida un motorino in mezzo al traffico dell’ora di punta.
Hanoi sono un’insegnante vietnamita, una ragazza italiana e una moonaca che condividono lacrime. lacrime che devono rimanere segrete, perchè il governo controlla.
Hanoi è una bimba di sei mesi che piange e smette solo quando sente cantare una certa canzone. Che impara a chiamarti mamma e che tu sei costretta lasciare un anno dopo. Hanoi è una bimba che, cresciuta, non ti riconosce più, ma che sa, in fondo al cuore, che tu ci ci sarai sempre per lei e che la veglierai e la proteggerai fino alla fine.
Hanoi, è la città dove ho imparato ad amare e odiare all’estremo delle mie capacità, dove ho imparato a lottare e vincere.
Hanoi è la città che amo e alla quale mi sono legata per sempre.
Hanoi, Hanoi, Em yeu Hanoi.